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martedì 25 maggio 2010
Intervista #03 - Valeria Cherchi
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martedì 18 maggio 2010
Intervista #02 - Claudia Castaldi
Parlami di te: cenni biografici e come sei arrivata alla fotografia.
Allora… sono Claudia Castaldi, 27 anni, livornese. Vivo a Milano da 5 anni, sono laureata in fotografia e grafica al'università di Firenze. Ho iniziato come tutti: a fare l'assistente per tanti fotografi, e poi, durante uno stage a Parigi… colpo di fulmine ;)
Ho iniziato come fotografa di still life, mi proposero questo stage di food e accettai un po' dubbiosa.
E cosa ti colpì della fotografia food?
Che non avevo assolutamente idea di some fosse un set o la preparazione di uno scatto, tutto quello che c'è dietro… dopo pochi minuti che ero li successe come una EPIFANIA, tutto quello che accadeva era per me così naturale… proprio come quando ti innamori di qualcuno appena lo senti parlare! Poi ho avurto la fortuna di vedere all'opera grandi fotografi e grandi foodstyling, che con maestria di pennellini trasformavano in poesia anche un minestrone tradizionale, o filetti di merluzzo.
Per esempio (così ci anticipiamo per la domanda "quali sono i tuoi fotografi preferiti")?
Marianne Paquin, Cora Buttenbender… ma sui preferiti è dura!!! Ce ne sono tantissimi… se dici di food, direi Maria Vittoria Backhaus. I grandi classici sono Weston, Kertész, Elliott Erwitt e Irving Penn. Poi c'è
A questo proposito, cosa deve avere per te una foto di food per essere perfetta?
Dipende. Ci sono due filoni da seguire: prima di tutto una foto deve sempre dire qualcosa “oltre”, altrimenti è una mera foto documentativa. Può avere solo lo scopo di essere appetitosa, quindi deve eseere invitante e farmi sbavare, devo sentire odori, profumi e consistenze da una foto. Allora posso dire che è perfetta.
Altrimenti si parla di foto che raccontano una storia attraverso un piatto: chi lo ha cucinato, perchè, dove, che è successo poi. Queste forse sono quelle che preferisco: attraverso un piatto, raccontare qualcosa, un pezzo di vita di qualcuno. Le chiamerei quasi foto narrative, più che di food, perchè il cibo è l’espediente, ma non il fine ultimo. E’ quello che cerco di fare sul blog, infatti lì la ricetta passa un po' in secondo piano.
Nelle tue foto vedo spesso una dimensione quasi familiare, di raccoglimento.
Si, perchè quando si cucina da soli si pensa, è una cosa molto introspettiva: si rimugina, si aspetta… però poi c'è anche l'aspetto conviviale della cucina, quello che fai con gli amici
Si, anche questo è molto presente nelle tue foto
Ecco vedi, attraverso il cibo e cucina puoi parlare di tutto! Tutti mangiano, o non mangiano…
Spesso si parla dello still life come del genere fotografico palloso da fare per antonomasia
Ci sono due tipi di forografo: quello da reportage o che sta a contatto con le persone, quello che coglie l'attimo diciamo, e poi quello chiuso nel suo studio, che come uno scrittore, uno scienziato, costruisce il suo mondo: allestisce, domina la luce, sistema, sposta… inventa. Quello mi piace, è un lavoro di calma e pazienza. Non è palloso! E’ come fare un sudoku: difficile, ma quando alla fine torna tutto ti da tanta soddisfazione!
Comunque mi sembra che tu riesca molto bene anche in altri generi, per esempio guardando le foto che hai fatto in sicilia o in marocco.
Ma anche quelle le faccio con calma: mi metto li, mi guardo in giro, scruto... aspetto. Mi ci vuole un po'. Infatti non faccio mai le foto il primo giorno che arrivo in un posto.
Devi essere un incubo per le persone che passeggiano con te…
Si si è un incubo! Soprattutto a cena, quando arrivano i piatti, si crea sempre una situazione di stasi e silenzio, e la gente spalancando gli occhi, sottovoce, quasi con timore, mi chiede: "..ma.... possiamo mangiare o vuoi fare le foto?". Fanno i finti scocciati, ma si divertono un sacco invece! Ho visto persone che mangiavano foccacce con una sensualità, e sbucciavano mele con una maestria... solo per poi farsi fotografare e poter dire “MA DAI! sto solo sbucciando una mela…”. Sono tutti esibizionisti quando c'è una fotocamera!
Mi dici una cosa che trovi facile in fotografia, e una che trovi difficile?
Di cibo o di viaggio?
Facciamo tutte e due.
Di cibo, i dolci sono facili per me, in quanto mi piacciono, ed ho imparato a domarli bene in tutte le loro difficoltà, è proprio una cosa fisiologica ormai. La carne, invece, per me è difficile: ne mangio poca e non so mai bene come renderla invitante. Nei viaggi, la difficoltà è capire nel giro di poco le abitudini alimentari del posto in cui sono, senza cadere nel banale. Sono un po' un orso con le persone, la timidezza è dura! Quindi è sempre una grande fatica riuscire ad entrare in confidenza con cuochi, persone ai ristoranti… si, quello è difficile. Ma ci sto lavorando.
Sembra paradossale, ma ci sono tanti fotografi timidi…
Eh si, la macchina alla fine è un filtro tra te e il mondo: ti protegge, e ti permette di vedere solo quello che vuoi tu, dandoti quasi una potenza in più, il poter scegliere cosa è importante in quella situazione. Quando mi levi la macchina, mi levi i poteri.
La cosa più facile per me credo sia… darmi una macchina! E’ per questo che non sceglierò mai tra foodstylist e fotografa. Nel senso che le foto vengono bene perchè i piatti li faccio io e viceversa. Quando manca una delle due, il risultato finale lo sento sempre un po' monco... non del tutto mio.
In tutti i tuoi viaggi quale è stato il posto in cui hai preferito stare e/o fotografre?
Oddio, che domande: Parigi! Non a caso la mia macchina si chiama Marianne!
Il sito ufficiale di Claudia Castaldi è http://www.claudiacastaldi.com/.
L'immagine in apertura del post è © Elena Colombo, mentre tutte le altre sono © Claudia Castaldi.
lunedì 10 maggio 2010
Intervista #01 - Emanuele Rosso
Ciao Emanuele e benvenuto su Photographic Blog! Dunque, la prima domanda è la più classica: come sei arrivato alla fotografia?
Me l'aspettavo! Non c'è un vero e proprio evento scatenante, anni fa mi sono comprato una compattina, e ho iniziato a fare foto, più per gioco che per altro, a me stesso, agli amici, nel periodo glorioso di fotolog. Poi sono andato a riscoprire la reflex di mio papà, una vecchia Canon AE-1, e ho iniziato a fare un po' di prove in pellicola. La macchina l'ho ripescata io, ma poi ci ha preso gusto anche mia sorella (te lo dico visto che devi intervistare anche lei [ebbene sì! Prossimamente su questo blog, ndG]). Sicuramente aver aperto un account su Flickr mi ha stimolato molto, vedendo quello che facevano altri fotografi, ed è stata una delle cose che mi ha spinto ad andare avanti. Da lì poi è arrivata la reflex digitale, una Canon Eos 350, comprata di seconda mano da un amico (facendo a metà con mia sorella per la spesa), per poi passare più di un annetto fa alla 40D. Quindi direi una specie di costante progressione.
Come mai privilegi la fotografia di concerti ed eventi live?
Per due motivi, credo: da una parte sono da sempre un appassionato di musica, e ho sempre avuto molti amici musicisti (tutta la cricca della Riotmaker, Amari e compagnia bella), e qui a Bologna più in generale ho avuto modo di vederne davvero tanti di concerti più o meno indie, insomma l'esperienza del live mi ha sempre affascinato, per come i musicisti una volta sul palco si trasfigurino, diventino delle figure quasi mitiche. Dall'altro perchè mi piace la fotografia dinamica, mi piace fotografare le persone, i movimenti, l'azione, e saperlo fare ai concerti è molto meno facile di quanto possa sembrare.
Infatti stavo proprio per dirti che ti sei scelto il "genere" fotografico forse più difficile in assoluto...
Beh, sicuramente fare le foto a un concerto è quasi un controsenso, non c'è nulla di sonoro, ne credo che dalle foto si possa fare emergere più di tanto la musica. E' più una questione di immortalare il "modus operandi" dei musicisiti, come si muovono, le facce che fanno, i loro tic, rendere in qualche maniera la loro "epica". Sarà per quello che le mie foto di concerti sono sempre molto diverse le une dalle altre.
Si infatti, si nota molta varietà…
Cerco di adattarmi il più possibile al concerto, all'illuminazione, al genere musicale, al tipo di band. Non mi sono mai piaciuti quei fotografi di concerti che hanno un modo solo di fotografare (ma non farò nomi).
Beh si, credo che ai concerti emerga molto la qualità e la voglia di sbattersi di un fotografo, perchè spesso sono situazioni limite, con luci improponibili e posizioni scomode da cui scattare.
Si tratta di muoversi molto, trovare gli angoli giusti e avere pazienza.
E' raro che inizi a scattare prima di aver visto almeno un paio di canzoni suonate, devo prendere le misure alla dinamica della band.
Hai dei metodi precisi per "capire" come fotografare una band o è una cosa istintiva?
Mmm, direi che è abbastanza istintiva, si tratta solo di osservare di volta in volta l'evolversi del concerto, e prendere mentalmente nota di tutti i componenti e delle loro abitudini. Poi chiaramente buona parte del lavoro la fa l'illuminazione del palco, le luci, il tipo di palco… Non credo che sarei bravo a fare foto ai festival musicali, o dove ci sono dei megapalchi e troppo pubblico. Ho bisogno di muovermi, magari anche sul palco, e di essere alla stessa altezza dei musicisti più o meno.
Nelle tue foto si nota anche molta attenzione alla composizione, hanno molta armonia
Credo che dipenda molto dalla mia educazione visiva, dal fatto di essere anche un fumettista, e quindi di cercare sempre un buon rapporto tra primo piano e quello che c'è dietro… alle volte ho paura piuttosto di essere un po' troppo classico, un po' troppo "composto".
Ad esempio, qual è una foto (o una serie di foto) che trovi riuscita?
Emanuele Rosso: Le migliori foto a un concerto sono sicuramente quelle fatte ai Settlefish al Locomotiv. Sarà anche che era credo il primo concerto che fotografavo in pellicola, ed era tutto perfetto, dalle luci, alla grana della pellicola, a come potevo muovermi. Poi la resa delle foto è stata anche accentuata dall'aver sviluppato il rullino in cross process, e quindi con dei colori saturi, con rossi e verdi acidissimi… poi delle belle serie credo siano tutte quelle fatte al Carnifull Trio, ma lo devo al fatto che li conosco perfettamente, so sempre come fotografarli al meglio, e i palchi su cui hanno suonato permettevano di sbizzarrirsi.
Colgo la palla al balzo per chiederti cosa pensi ella musica italiana cosidetta indie, che immagino tu conosca molto bene.
Beh, abbastanza! Penso che ci siano varie eccellenze in giro per l'Italia, il problema è che è una scena purtroppo un po' chiusa, in cui i talenti comunque più di tanto non riescono ad emergere, o almeno non oltre uan certa soglia, un po' per mancanza di denaro, e quindi di possibilità di promuoversi, un po' perchè le tv e le radio generaliste non danno gli spazi che meritano ai gruppi indie. Se uno potesse vivere di musica, e quindi dedicarsi solo a quella, credo il livello si alzerebbe ancora di più.
Si, in effetti visto dal di fuori (non lo frequento moltissimo) il mondo della musica indie è visto un pò come il mondo del fumetto, cioè molto chiuso, composto di gente un pò fondamentalista.
Ma non credo che sia una questione di spocchia, o di volontà di essere fondamentalisti. E' più la conseguenza dell'essere relegati in una nicchia. Fondamentalisti al massimo perchè se anche hai la fortuna di essere contattato da una major, questa vuole che ti adegui ad altri parametri musicali che finiscono per snaturarti, come se la gente volesse solo e soltanto un certo tipo di musica. Credo che sia comunque un discorso ascrivibile a un sacco di altri campi.
Infatti noto inquietanti similitudini col mercato del fumetto, che soffre degli stessi malanni: pubblico poco reattivo, chiusura forzata in una nicchia, negozi sempre più rari e negozianti poco competenti...
Direi di sì… E' un problema della società, in cui si alimentano sempre le divisioni, una voragine che cresce tra ciò che è cosiddetto popolare e tutto il resto. La massificazione spinge tutto il resto ai margini dell'impero, siamo tanti villaggi di Asterix e Obelix…
Tanti critici musicali invece gridano al miracolo di internet e alla ritrovata visibilità delle nicchie...
Apparentemente sì, però siamo passati da un lago ad un oceano, ed essere davvero visibili in internet non è mica così facile… Tutto viene proposto-mangiato-digerito ad una velocità folle, e così facendo anche molte cose valide finiscono per non essere valorizzate come meritano.
Abbiamo accennato ai fumetti, ti va di parlarmi anche di questa tua attività?
Beh certo! Sia mai che non mi pubblicizzo a tutto campo! Cosa vuoi sapere?
Un po’ di tutto: come hai cominciato, se stai lavorando a qualcosa in questo momento, che fumetti ti piacciono…
Ho cominciato a disegnare sull'onda della passione per i manga, quando ho iniziato a leggerli ben 15 anni or sono, poi devo ringraziare sempre molto Davide Toffolo, con cui feci un corso di fumetti quando avevo 16 anni, e l'anno successivo il workshop tenuto da Giorgio Cavazzano, a cui partecipai e dove conobbi Sara Pavan e Paolo Cossi, con i quali diedi vita alla fanzine "Pupak!". L'esperienza durò 3 anni, ma fu il primo vero stimolto a fare fumetti in maniera almeno un po' più seria. Venne poi un ruolo da assistente sempre per Toffolo al libro su Carnera, a disegnare sfondi attaccare retini e squadrare vignette. E poi tante storie scritte e disegnate per concorsi, autoproduzioni, antologie… adesso vorrei prendermi un po' di tempo per iniziare a lavorare su qualche storia un po' più lunga. Non necessariamente una graphic novel, ma vorrei uscire dal racconto breve. Poi ho varie idee per degli sbocchi, ma per scaramanzia e soprattutto per evitare figure barbine a posteriori non ne parlo
Ok! Adesso se ti va ti faccio qualche domanda a raffica per chiudere.
Vai
Fotografo preferito (anche più di uno)
Amo molto la street photography, quindi potrei dirti Winogrand, come anche Cartier-Bresson (anche se dire che faceva street è un po' riduttivo), però poi mi piacciono molto anche le foto di Ghirri, ad esempio, oppure anche le foto glassatissime da studio di moda, se fatte bene. Credo che il mio fotografo preferito su Flickr sia Noah Kalina, quello citato anche nei simpson per il suo video in cui si fotografava tutti i giorni per 6 anni e passa.
Altra domanda: tre fumettisti (o tre fumetti, se preferisci)
Beh, vediamo un po'... Sicuramente il già citato Cavazzano, per tutte le cose anni Settanta tipo Altai & Jonson. Frederik Peeters tra i più recenti, poi Eduardo Risso e il suo 100 bullets
Ottimi gusti, Peeters è un grande :) comunque: una città che ami
Una città che amo? Mmm... Bologna mi è sempre piaciuta molto, ma anche Milano per certi versi, o Torino sotto natale. In generale mi piacciono le metropoli, le città caotiche. Forse ti direi più di tutte Berlino, per il suo essere grande ma silenziosa, il nuovo e il vecchio, la storia ma anche la contemporaneità che è già futuro.
Un film
"Ricomincio da capo" Con Bill Murray e Andie McDowell
Un buon proposito per il futuro
Avere più coraggio di buttarsi in tutto, nella vita, nel lavoro.
Emanue Rosso su Flickr.