mercoledì 2 giugno 2010

Intervista #04 - Livia Patta


La prima domanda anche se classica è doverosa: come sei arrivata alla fotografia?
Mio padre era un fotoamatore, aveva una buona raccolta di macchine e il desiderio di pasticciare anch'io con quelle cose "da grandi" era enorme… poi al liceo avevamo la camera oscura e uno studio di posa. potevamo scegliere di fare fotografia invece di religione.. non che amassi particolarmente religione, in ogni caso. Ma la scelta era, come dire, obbligata.

Ed è anche a queste due cose che si deve il tuo amore per la pellicola?
Direi di sì. ma è anche una questione anagrafica. Quando ho cominciato a fotografare non c'era proprio altro :) inoltre ho ereditato da mio padre delle macchine molto belle, una canon f1 e una nikon f601 con un sacco di obiettivi (quelli nikon in particolare, davvero belli e luminosi); sì, direi che era la cosa più semplice.


E adesso sei fotografa a tempo pieno?
Mmm, no, non ancora! ho cominciato a ritenermi una fotografa da poco in realtà. nonostante siano quasi 15 anni che ci traffico(nb. ho 29 anni, non so se ce l'eravamo detto :)). Devo dire che fare foto era una cosa abbastanza privata, mi piaceva concentrarmi su una cosa e metterci dentro un pezzettino della realtà di quel momento, mi serviva per ricordarmi chi ero, o meglio per cercare delle cose che mi appartenevano nel mondo esterno. Oddio, detto così sembro pazza :) però ecco, era come tenere un diario o disegnare… solo che scattare mi dava molta più soddisfazione.
Ho cominciato a farmi pagare per le foto da quando il mio capo ha fatto vedere il mio stream su flickr a un architetto che doveva fotografare i suoi lavori, due anni fa… le sono piaciute e da lì ho cominciato a crederci un po' anch'io.

Wow, bello come inizio!
Si davvero! E’ stato molto incoraggiante avere qualcuno che ha creduto in me.. io per prima non ci credevo affatto!
La macchina allora me la prestò il mio compagno, una 20d con cui ho fatto pasticci colossali (il digitale cominicia a essermi meno oscuro adesso, devo ammetterlo :)), e nonostante abbia scattato almeno un migliaio di foto gli scatti più riusciti li ho fatti in pellicola, in medio formato, con una pentacon six che mi ero comprata per il mio diletto personale poco prima :)


E come hai vissuto il passaggio, non tanto dalla pellicola al digitale, quanto dalla fotografia "per te" (sulla quale torniamo tra poco) a quella diciamo su commissione?
Direi che si scatta sempre per sé.. solo che c'ho messo due anni a capirlo :) nel senso che le foto migliori di ogni lavoro sono quelle con cui mi sono divertita, questo è ovvio. Poi certamente ho imparato a essere più attenta ad alcune cose tecniche che trascuravo allegramente.. e ho cercato di limitare alcune mie passioni nefaste per i lavori su commissione. Peccato che le foto che faccio continuino ad essere inevitabilmente (almeno un po') sottoesposte, saturate e contrastate... :) ma sto cercando di controllarmi!!

Guardando alcune tue foto a tema architettura/arredamento, si nota che mantieni uno stile personale, e soprattutto che non dai molto peso alle regole formali. Ad esempio in questa: un fotografo professionista non avrebbe mai fotografato con quella luce; però dà alla foto un'atmosfera molto forte.

Eh sì! infatti tecnicamente è un disastro.. controluce dappertutto, contrasto troppo spinto, persino l'overlapping ai bordi.. però in qualche modo "funziona". Credo che un po' di questa sbadataggine me la porterò dietro sempre in qualche modo, anche se sto cercando di emanciparmi dall'intimismo e fare foto un po' più corrette.. almeno quando qualcuno me le paga.


Parlando di intimismo: girando nel tuo photostream mi sono reso conto che hai una "visione" molto intima anche se molto varia. Mi spiego: fotografi di tutto, ma il mood è sempre molto intimo. E’ come se nelle tue foto ci fosse sempre una patina di intimismo, come se fossero sempre rivolte all'interno.
Azz! sgamata!
Le prime cose che ho fatto che considero significative sono dei collage fatti proprio con le stampe, la carta, altro che Photoshop :) nel lontano '98. Questo per esempio, o questo. Se li vedo adesso mi fanno tenerezza nel loro essere adolescenziali e didascalici. Il bisogno enorme di comunicare.. non sono mai stata una particolarmente brava ad esprimere sé stessa in modo soddisfacente. In effetti il '98 è stato un annus horribilis per me, avevo perso repentinamente mio padre (un tumore) e avevo un grande bisogno di canalizzare quel malessere in una forma esteticamente accettabile. La fotografia direi che era l'unico modo che avevo. E poi da quegli anni ho fatto una marea di autoritratti.. era il modo per capire com'ero vista da fuori, il rapporto col mondo esterno era abbastanza difficoltoso.

A vederli adesso ti sembra di esserci riuscita almeno un pò?
Ehm, no! Però mi sono divertita a farli... e poi per fortuna si cresce.
Gli ultimi li ho scattati due settimane fa, questi
ed è buffo, perchè sembra una cosa molto personale, quando invece non lo è. A suo modo è un collage di cose che ho letto, visto, sentito e che avevo voglia di sperimentare in fotografia. I titoli delle foto rimandano a canzoni dei Placebo, Depeche Mode, Casiotone for the Painfully Alone... il letto sfatto, volevo fare la Tracey Emin di Monteverde.
Il titolo del set e alcune citazioni vengono da Panda Sex e Candy, due romanzi semi-autobiografici di Mian Mian, una scrittrice cinese meravigliosa di cui ho la fortuna di essere amica. Insomma, il fatto che ci sia io e non una modella su quel letto è solo perchè non avevo tempo di costringere una delle mie amiche a prestarsi alle mie" visioni artistiche".



E’ interessante che tu scelga le parole e le visioni di altri per esprimerti, non solo in questo set: si vede anche in molte altre fotografie piene di citazioni soprattutto musicali.
Sì è vero. Boh? Quando devo mettere un titolo a una foto penso sempre "che canzone/film/ecc. mi fa venire in mente”? E’ bestiale. Forse dovrei emanciparmi anche da questo. Ma alla fine penso che anche questo faccia parte del processo di appropriazione dell'esistente... tutto quello che mi piace viene rimasticato e riproposto in forma fotografica.

Nelle tue foto si nota anche il legame familiare molto forte, ad esempio nelle vecchie foto dei tuoi genitori.
Ti stavo per rispondere che è per la storia della mia famiglia, il lutto di cui ti parlavo, che fa sì che desideri ricostruire la nostra storia, ma in realtà mi piacciono proprio le storie di famiglia… anche delle famiglie altrui. Se tutti avessero un set con le foto della propria famiglia e le storie sarei felicissima :)



Tutto questo è lampante nel set seven days.
L'idea per quel set mi è venuta rivedendo le foto su Flickr di Cristina Nunez, una fotografa amica dei miei nonni (ma giovane!). Aveva fatto un ritratto bellissimo a mio nonno, Teo Ducci, un reduce di Auschwitz.
Nel suo stream ci sono questi suoi autoritratti molto forti.. lei adesso tiene dei corsi in cui insegna l'autoritratto come una forma di terapia. E’ davvero brava, mi piace come le sue foto siano dirette, oneste, sincere. Tecnicamente sono spettacolari, ma vabbè, il mio set non aveva nemmeno la pretesa di essere esteticamente piacevole. Però voleva essere sincero e condividere delle storie che mi appartenevano per il beneficio pubblico. Non per egocentrismo, al contrario, penso che fosse una sorta di minimo esistenziale condivisibile più o meno da chiunque.

In quali altri modi ti ha ispirato la sua conoscenza?
Mah, sai, più che altro era un'amica della nonna, non ci siamo viste tanto… però era l'unica artista che conoscevo, seppure indirettamente. Ecco, mi ricordo che lei diceva che con la Rolleiflex scattava dal basso, dai fianchi… si vede in un suo ritratto con la stella di David. Mi piaceva l'idea di questa fotografia non troppo razionale; e poi il medio formato, e l'uso del colore... le sue foto degli anni 90 (ma anche più avanti) hanno dei colori molto belli, vivi, saturi.


Anche la tua mi sembra poco razionale, ad esempio nel modo in cui giochi con la tua immagine, tipo qua o qua.
Uh, lì avevo 16 anni! E nell'altra 20. Quelle con la parrucca… mi ricordo l'idea che c'era dietro. Non tanto ben realizzata peraltro, ma con la pellicola era un casino prevedere come sarebbe venuto :) infatti la messa a fuoco è davvero approssimativa.

In definitiva quanto credi ci sia di razionale nella tua fotografia?
Non saprei.. non molto direi. Non so bene quale potrebbe essere un fotografo che si definisca razionale. Sinceramente non sono nemmeno troppo ferrata nella tecnica. o meglio… a un certo punto ho proprio cominciato a fare errori intenzionalmente (sfocature, sottoesposizioni) proprio per vedere fino a che punto poter sfruttare questo margine di imprevedibilità in foto. E poi devo dire che mi affascina molto di più rappresentare l'aspetto emotivo, irrazionale delle cose...



E’ anche per questo che usi molto photoshop? Penso in particolare alla foto con la parrucca.
E’ da più di un anno che sono passata a lightroom limitando i ritocchi a curve, esposizione (se necessaria) e colore (saturazione selettiva, ecc.), purtroppo con photoshop non ho mai imparato bene.. non so nemmeno usare i livelli! Quell’editing è di 4 anni fa ormai, adesso non lo farei mai più così. Volevo fare una cosa alla Warhol...poi quella che vedi è una foto ancora più antica, è stata scattata in pellicola nel 2000 o 2001..

In generale noto che giochi molto con la tua immagine.
Alcuni scatti non li ho pubblicati su flickr, ma ho cominciato a fare un mucchio di autoritratti fin dal '98… erano il mio diario per capire che cosa stavo passando, insomma una sorta di autoanalisi. Ecco, una volta era solo questo per me, esprimermi (parliamo di un'adolescente con la macchina in mano. Adesso ho quasi 30 anni e la spinta all'espressione di sè è meno fondamentale, meno urgente. Comunque mi piacerebbe essere in grado di raccontare qualcosa attraverso le foto…



Cosa vorresti raccontare?
Non so come dirti, ma non sono una che comunica molto bene, sono una persona abbastanza scontrosa e scostante :) se c'è qualcosa di bello e prezioso mi piacerebbe poterlo produrre nelle foto.
Oddio è un po' orrenda come frase, sembra roba da pazza estetizzante! Però ad esempio non potrei mai fare le foto di guerra: la sofferenza mi terrorizza, la morte, il dolore... insomma non riesco nemmeno a vederle quelle foto. Il world press photo, lo conosci no? nel 2008 sono dovuta uscire perchè mi sentivo male. Erano oggettivamente foto bellissime, fortissime, ben fatte… ma non so, erano prive di filtro, ti colpivano come una mazzata Io non sono in grado di comunicare in quel modo.

Cosa cerchi con la fotografia? E qual è il tuo obiettivo, se ne hai uno.
Ti dico quello che sento sia il mio obiettivo, poi vedi tu se ha senso pubblicarlo.
Voglio ricordare tutto, creare un libro delle memorie in cui niente è gettato via. La realtà in cui si vive spesso ha un solo colore e una sola dimensione, invece nel ricordo si sovrappone tutto e i colori sono diversi. voglio guardare meglio la realtà e l'unico sguardo con cui riesco a farlo è quello della macchina fotografica. Mi sembra di vivere più a lungo le cose se passano nella macchina, e di viverle più in profondità. Poi la memoria... dopo che è morto mio padre ho cominciato a avere questa idea di conservare la memoria… perchè molte cose vivono solo nel ricordo. Se avessi perso i ricordi di mio padre lo avrei perso completamente… invece perpetuando il ricordo potevo continuare a farlo esistere nella mia vita di tutti i i giorni. Poi questo modo di sentire è passato più o meno a tutto il resto, per esempio ho un set che si chiama memory book, sono pezzi della vita che ho vissuto, che colleziono con attenzione. Momenti di grazia più che altro


Tre fotografi preferiti.
Gabriele Basilico, Man Ray per le solarizzazioni e gli sperimentalismi da camera oscura… e poi c'è un fotografo incredibile che ho visto a francoforte di recente, Peter Bialobrzeski. Ma vabbè i miei fotografi preferiti cambiano ogni 6 mesi quindi non fa testo :)

Una città.

New York.



Un libro e un film

Un libro, direi New York Stories di Paul Auster, mi piace il suo tecnicismo perfetto nel modo di scrivere (lo invidio, io sono così poco accurata sulla tecnica!!). Un film, Apocalypse Now, c'è tutto dentro quel film. E’ bellissimo

Un buon proposito per il futuro.

Tanti!! Migliorarmi, crescere, dedicarmi solo alla fotografia. E poi di nuovo migliorarmi e crescere :)

Livia Patta non ha un sito internet, ma potete vedere molte sue foto nel suo account Flickr
Tutte le immagini riprodotte in questa intervista sono © Livia Patta.

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