martedì 20 luglio 2010
Stallo
A breve pubblicherò l'ultima intervista, il mio finale di stagione :P dopo di che il blog chiuderà i battenti, e riaprirà dopo le vacanze, più o meno tra fine agosto e inizio settembre. Vi prometto che la seconda stagione sarà all'altezza della prima, anzi molto migliore :)
Colgo l'occasione per ringraziare tutti i visitatori del blog. Vorrei qualche commento in più, ma non si può avere tutto dalla vita :)
martedì 22 giugno 2010
Intervista #07 - Fabio Astone
Ciao Fabio e benvenuto su Photographic Blog. Prima di tutto presentati.
Mi chiamo Fabio Astone, ho 27 anni, sono nato in Sardegna ma ho vissuto a Roma e Londra e da un mese vivo a Milano. Ho studiato a Roma Storia e Critica del cinema. Dopo la laurea sono andato a vivere in Inghilterra. Un'esperienza importantissima per la mia vita. Ho svolto vari lavori e ho avuto modo di fare da assistente per un fotografo.
Cosa ti ha portato a vivere in posti così diversi?
La voglia di cambiare, di conoscere posti nuovi, persone differenti. Ogni luogo mi da e trasmette qualcosa. Sono il ragazzo con la valigia, perennemente in viaggio. E ogni luogo è servito per crescere, nel campo della fotografia.
Come è nata la tua passione per la fotografia?
Ho sempre amato il cinema. E fotografia e cinema sono legati tra loro. Senza la fotografia non esisterebbe il cinema. Vedendo i film ho sempre osservato tutto sotto l'aspetto delle inquadrature, delle luci e dei colori. Arrivare alla fotografia, dapprima studiando i fotografi e poi mettendomi alla prova, è stata una naturale conseguenza. Ogni mia foto si ispira al cinema, a una storia da raccontare.
Mi interessa molto il tuo legame con il cinema: ti va di spiegarmi come nascono le tue "storie"?
Da film visti, da storie sentite e immaginate, da colori che ho voglia di esprimere. Ci sono fotografie che arrivano per una necessità di raccontare e altre che arrivano perchè stavi lì, in quel preciso momento, e senti che è il momento giusto. Mi ispiro ai film degi anni '70, alla nouvelle vague francese, ai filmini girati in super8, virati e bruciati. Sono colori e luci che ricerco e che cerco di ottenere.
Come mai hai scelto di rifarti proprio a quel tipo di cinema?
Perchè è quello che mi piace di più, che sento più vicino a me, che mi da e trasmette qualcosa.
Tu usi molto i modelli, come gestisci il rapporto con loro in fase di scatto?
All'inizio fotografavo solo amici, le persone con le quali ho vissuto nelle diverse città, mia sorella. Per la prima volta a Londra, invece, ho fotografato un ragazzo che non avevo mai visto prima di allora. E da lì è iniziato un nuovo percorso. Fotografare persone sconosciute. E' molto più difficile. Fotografare è come entrare nell'intimità di qualcuno, dunque se la persona non la si conosce è davvero difficile. Dopo Londra ho collaborato con un'agenzia di moda, a Roma, e anche lì mi sono confrontato con un modo di lavorare diverso dal mio solito. Anche in quel caso ho avuto davanti a me persone mai viste prima. Quando ho qualcuno davanti a me cerco di farlo rilassare, di farlo sentire a suo agio. Prima scatto qualche foto "a caso", poi arriva il momento in cui decido o si decide la posizione, il profilo, come posizionare il corpo. E' importante che la persona davanti all'obiettivo sia rilassata. Poi tutto diventa natuale e divertente. Ma iniziare è sempre difficile. Ci vuole il giusto entusiasmo da entrambe le parti.
Dicevi che hai collaborato con un'agenzia di moda… come è stato il passaggio dalla fotografia "per te" al lavoro per altri?
Per caso. Incontri fortunati. E così mi sono ritrovato a fotografare dei modelli. Quando lavori per altri ti senti, nel bene e nel male, più legato da vincoli e restrizioni. Devi accontentare te ma anche chi ti commissiona il lavoro. E' sicuramente più difficile. C'è sempre l'aspettativa tua e dell'altra persona. Ora cerco di districarmi tra test di moda e fotografie "per me", come le chiami giustamente tu. Lavorare per qualcun'altro, avere regole, serve sicuramente e migliorare e a imparare a collaborare avendo a che fare con tanti compromessi e difficoltà. Ma il bello sta anche in quello. Sfidarsi ogni giorno.
Quindi la fotografia di moda è la tua dimensione ideale, o hai altri progetti?
Mi piace, vorrei continuare a lavorare nell'ambito della moda, ma ho in mente due mostre fotografiche. Una su un progetto ad ampio raggio e un'altra sarà una collettiva. Per ora resta tutto top secret.
Prima dicevi che tutti i posti in cui sei stato ti hanno "formato" fotograficamente. Ti va di parlarmi più in dettaglio questa cosa?
Tutto è nato a Roma. Con il suo cielo, i suoi parchi, la sua luce particolare, così netta e tagliente. A Roma è nata la mia passione per la fotografia. Da lì è nato tutto. Dopo è arrivata Londra con la sua luce, i suoi colori, un'architettura e dei visi che non si trovano da nessun'altra parte. Quando qualcuno dice che Londra è buia e grigia non è vero. Londra è colorata, è piena di vita, è un posto in cui ti senti un eroe e dove, il giorno dopo, puoi sentirti nessuno. Vivere là ha dato una sferzata alle mie fotografie. Anche l'incontro con alcune persone. E ora c'è Milano, la città della moda, un posto accattivante e intrigante ma anche tanto difficile e arduo. Ma mi piacciono le sfide e vedremo che cambiamento subirà la mia fotografia.
Parlando di cambiamenti: guardando il tuo stream su flickr ho notato che a un certo punto sei passato all'analogico. Come mai?
Ho sentito la necessità di mettermi alla prova. E ho sentito il bisogno di scattare "la foto". Con il digitale si scattano 200 foto simili, o quasi, durante uno shooting. E poi ti ritrovi ad analizzarle tutte per capire quale sia la migliore. Con l'analogico la foto è quella. E basta. E poi c'è la sorpresa, aspettare lo sviluppo, vedere cosa salterà fuori. Sarebbe bello ritornare all'analogico, usare solo la mia vecchia Canon AE1 program, ma so che è impossibile (o quasi).
Quali sono i tuoi fotografi preferiti?
Nan Goldin, Diane Arbus, Carlotta Manaigo, Terry Richardson, Ryan McGinley, Mario Testino, Wolfgang Tillmans. Sono ognuno diverso dall'altro ma mi ispirano, mi trasmettono qualcosa.
Una cosa che trovi facile in fotografia e una che trovi difficile
Tutto. Ogni cosa può sembrare difficile. Ma anche facile.
Un buon proposito per il futuro.
Diventare famoso e affermato. Scherzo… Riuscire a lavorare nella fotografia, riuscire a fare ciò che voglio, cercare di migliorare ogni giorno di più. Se poi il successo e l'affermazione arrivano...ben venga. Il segreto è tenere i piedi sempre a terra, ben piantati. Poi le cose arrivano.
Per vedere altre foto di Fabio, potete visitare il suo sito o il suo account flickr.
Ovviamente tutte le immagini sono © Fabio Astone.
mercoledì 16 giugno 2010
Intervista #06 - Fabio Fusco
Ciao Fabio e benvenuto su Photographic Blog. Ti va di presentarti?
Mi chiamo Fabio Fusco, ho 34 anni, sono Nato a Napoli, e la passione per la fotografia è esplosa di "recente". In realtà ho sempre fatto fotografie, sin da quando ero proprio piccolo, e mi piaceva osservare mio padre nella camera oscura che arrangiava occasionalmente a casa. Non mi piaceva molto posare per le sue foto, in verità, però la fotografia mi è sempre piaciuta come altre forme d'arte, grafica, disegno, scrittura.
Mi racconti la tua formazione artistica?
Mi è sempre piaciuto disegnare, sin da quando avevo pochi anni. Ho iniziato con fogli e colori, come tutti, poi ho cercato di fare in modo che la passione e l'esigenza di "creare" potessero formare un percorso di vita. Così mi sono iscritto all'Istituto d'Arte, dove ho frequentato la sezione di Grafica, poi dopo un anno di Accademia di Belle Arti ho deciso di buttarmi direttamente nel mondo del lavoro e ho iniziato a lavorare in un'agenzia pubblicitaria. Non sapevo neanche accendere il computer all'inizio, però sono riuscito ad andare avanti grazie alla creatività e alla tantissima voglia di fare. Attualmente, dopo qualche anno trascorso a lavorare come web designer, faccio parte della redazione fissa di Movieplayer.it.
Gli anni di formazione grafica influenzano la tua fotografia?
Penso proprio di sì. Magari non in tutte le foto, però credo proprio che sia così e me l'hanno fatto già notare. Cerco sempre di riempire gli spazi in maniera armonica. Alcune immagini, soprattutto quelle di “studio”, le penso inconsapevolmente come se potessero essere utilizzate per la copertina di un libro.
Come mai hai scelto la fotografia per esprimerti?
Perchè ho bisogno di immediatezza :) Non riesco a stare troppo a lungo su un progetto, e a volte ne sviluppo anche più di uno insieme.
Guardando il tuo stream su flickr salta all'occhio la varietà delle tue foto, non tanto dei soggetti ma proprio delle intenzioni: ci sono ritratti, foto "artistiche", foto di vacanze, foto ironiche… quindi mi viene da pensare che per te la macchina fotografica sia come un taccuino di appunti, o di schizzi, in cui annoti di volta in volta le cose che vedi o vivi.
Sì, è così. Alcuni "schizzi" sono più elaborati, si tratta di idee che mi sono venute in mente e che decido di sviluppare. Altri invece - quelle che tu hai chiamato foto di vacanze, ma in realtà si tratta di escursioni - sono scatti che condivido per mostrare quello che vedo. Per me fotografare significa essenzialmente comunicare, mostrare il mio punto di vista. Quando la gente capisce perchè ho condiviso una certa immagine, e ne resta affascinata, posso dirmi soddisfatto. Altre volte costruisco delle piccole "storie", e se riesco a convincere chi le vede, sono felice.
Quali sono le foto che trovi più riuscite in questo senso?
Alcune storie vogliono essere omaggi al genere letterario e cinematografico che amo, che è l'horror. Ci sono due scatti per i quali mi sono ispirato chiaramente a Profondo Rosso e The Others. Altre immagini invece sono concepite da me, come questa. Sul piano della comunicazione, tra quelle recenti, una delle più riuscite a mio avviso è questa: il contrasto dei soggetti nella foto, ovvero una timida finestra “casalinga” che fa capolino in una serie di vetrate a specchio tutte identiche, ha sorpreso molte persone. Ed è stata anche una lezione importante per me, perchè ancora una volta, mi ha fatto capire che non è necessario andare troppo lontano per scattare una foto interessante. A me è bastato scendere sotto casa.
Per quanto riguarda le escursioni invece, mi piace accompagnare virtualmente chi osserva le foto negli stessi posti in cui sono andato. E suscitare magari interesse in un posto non troppo conosciuto, ma sicuramente suggestivo e meritevole di essere visitato. Il nostro Paese è pieno di luoghi così.
Nelle tue foto fai anche molto uso della post-produzione, ma sempre in modo funzionale agli scatti. In generale cosa pensi della post-produzione in fotografia?
Se usata con criterio la trovo assolutamente funzionale agli scatti. Difficilmente cancello qualcosa dalle foto, anzi quasi mai. Mi limito a gestire diversamente luminosità, contrasti e il colore base della foto (in particolare con alcune monocromatiche). Non sopporto invece i ritratti ritoccati, modificati solo per far sembrare una persona più attraente. Sarà ho fatto indigestione di fotoritocco quando ho lavorato in pubblicità, e adesso non lo sopporto. Lo trovo finto, persino datato. Mi dà più soddisfazione modificare alcuni parametri cromatici e di luminosità in un ritratto e dire che una persona è venuta al suo meglio e autentica, senza artifici. Se il Photoshop che avevo installato nel Mac in agenzia adesso potesse parlare, racconterebbe storie di ritocchi assurdi, persino esilaranti.
Me ne racconti qualcuna?
Beh, quando un politico ci chiese di modificargli le orecchie perchè erano palesemente a sventola, abbiamo riso parecchio. Però fu facile sistemargliele, perchè duplicai l'orecchia sinistra che era meno "pronunciata" e la sostituii alla destra.
Prima dicevi che a volte trai ispirazione dall'horror. Ci sono altre cose che ti ispirano?
Ci sono varie cose che catturano quasi sempre la mia attenzione, e vari temi frequenti. Il passato, in tutte le sue declinazioni è molto presente nelle foto che faccio. Mi affascinano i siti archeologici, i luoghi misteriosi, intrisi di storia, ma anche oggetti di uso quotidiano che hanno fatto parte di un passato che non ho vissuto. Telefoni, riviste, bambole... qualsiasi cosa. Non sono però soltanto una persona malinconica. Chi mi conosce bene sa che sono una persona introversa, un sognatore perso nelle sue fantasie e nei suoi progetti mentali, ma anche una persona spiritosa, aperta alle novità e molto, molto curiosa.
Ok, di solito chiedo agli intervistati di dirmi i loro tre fotografi preferiti. Nel tuo caso mi piacerebbe che mi dicessi tre persone che sono fonte di ammirazione e ispirazione per te.
Mi avresti preso alla sprovvista perchè non ho ancora avuto modo di approfondire artisti della fotografia e il loro lavoro. Principalmente mi ispirano la pop art di Warhol - anche con le sue sperimentazioni ardite - ma anche i colori accesi e caldi di artisti come Frida Kahlo. Come ti ho detto prima inoltre prendo molta ispirazione dai tanti libri letti durante la giovinezza, e dal cinema, soprattutto quello di genere, m anche quello più classico, come quello di Hitchcock, e certe atmosfere da sogno come quelle del cinema di Lynch. Non credo che ritroverete tutte queste cose nelle mie foto, ma sono alcune delle cose che mi emozionano e mi spingono a mettermi alla prova con nuove cose e a proporre nuovi punti di vista.
Mi dici il tuo film e il tuo libro preferiti, visto che ne stavi parlando?
Di film e libri preferiti ce ne sono una marea, quindi sono costretto a rispondere a bruciapelo. Diciamo che tra i miei film preferiti ci sono pellicole come La donna che visse due volte, Profondo Rosso, ma anche i due capitoli di Kill Bill di Tarantino. Per quanto riguarda i libri, direi It di Stephen King e La storia di Elsa Morante.
Invece qual è la tua città preferita, o il posto che più ti è piaciuto fotografare?
La mia Napoli è una continua e inesauribile fonte di idee e scene. Mi piacerebbe tornare a Venezia e Barcellona con uno sguardo fotografico più nuovo. Altri luoghi che mi hanno letteralmente conquistato però, sono piccoli borghi come Calcata - e vi consiglio di andarci la notte di Halloween, perchè è assolutamente suggestiva - o Monte Livata, con il suo magnetismo tutto naturale. A una città meravigliosa come Positano, invece, mi legano i ricordi d’infanzia.
Un buon proposito per il futuro.
Vivere in un paese che offra più opportunità ai giovani e meno giovani, a quelli che si fanno un mazzo così in qualsiasi campo. E spero che questo paese possa essere l'Italia. Dal punto di vista più strettamente personale, mi auguro di riuscire ad ottenere più visibilità anche con la mia passione per la fotografia (e quindi anche lavoro) e di documentare tutto il mio futuro, e le mie future passioni e percorsi per immagini.
Le foto di Fabio sono belle prese singolarmente, ma vi consiglio davvero di farvi un giro nel suo account Flickr.
Tutte le immagini riprodotte in questa intervista sono © Fabio Fusco.
martedì 8 giugno 2010
Intervista #05 - Federica Giacomazzi
Ciao Federica e benvenuta su Photographic Blog! Ti va di presentarti?
Allora… non sono mai stata una tipa che parla troppo di sè, eccetto pochi intimi. Ad ogni modo. Sono Federica Giacomazzi (un nome più corto qui in famiglia non è poi così normale averlo); vivo tra Padova, Treviso e Venezia in mezzo ai campi e se ne sono estremamente, estremamente felice! Ho 20 anni ad Agosto e già mi sento una povera vecchia schiava della routine.
Come sei arrivata alla fotografia?
Da piccola avevo un amica con cui mi trovavo molto spesso. Prendevamo le compatte dei nostri genitori, andavamo dal fotografo a prenderci il rullino, scattavamo foto in cui io e lei correvamo tra i pioppetti del paese o mentre saltavamo da un albero. Si finiva il rullino in due attimi e si portava a sviluppare dal fotografo. Abbiamo organizzato due giornate così e mi è rimasto come dire impresso... Poi ho frequentato la scuola di grafica dove dal terzo anno si cominciava a studiar fotografia .La vera passione mi arrivò quando per la prima volta mi cimentai seriamente su un compito per casa.
Di cosa si trattava?
Riguardava la fotografia diretta. Stavamo studiando Edward Weston e Tina Modotti. Erano davvero cose banali quelle che avevo fatto. Le solite foto dei fiori, catene, la mia ombra… avevo preso un bel voto. Poi... arrivò tra noi Sara Lando. Con la scuola si facevano dei corsi pomeridiani mirati tipo HTML, 3D, autocad e postproduzione in Photoshop. Lei appunto venne per il corso di post-produzione fotografica. Noi bambini le sbavavamo ai piedi da quanto brava, severa, simpatica fosse. Per una volta la scuola c'ha azzeccato! Solo poi ci siamo resi conto con chi avevamo a che fare... ed è stato un motivo in più per mettersi in gioco!
Di lì a poco mi comprai una reflex "Madre ti scongiuro! Papà TI PREGO!"
Cosa ti conquistò di Sara Lando in particolare?
Assolutamente la sua spontaneità e umiltà. E' incredibile! Si parlava poi di musica, film... Quello fu anche il periodo in cui si sposò e andò in America. E' stato bello perchè posso dire che l'ho vista anche io un pò crescere!
Era supermeravigliosa con tutti. Non sapevo mai se in realtà, le poche volte che aprivo bocca, mi stesse ascoltando… eppoi ci siamo aggiunte come amiche su facebook…
Come sei finita a farle da assistente?
Mi teneva d'occhio sai! Io continuavo a lavorare per i cavoli miei. Durante l'estate avevo sfornato un sacco di lavori... avevo preso il via. Io e un mio carissimo amico abbiamo tenuto sempre i contatti con lei e l'abbiamo fatta venire giù in paese da noi ad un concerto.
Parlando del più e del meno mi invitò nel suo studio a Bassano Del Grappa. Immagina la gioia!
Presi un treno, mi venne a prendere in stazione. Salii in macchina.. Non ebbi modo di accomodarmi bene che mi disse " Senti Fede: ti va di lavorare per me un paio di mesi?"
Cervello fuso e risposta breve.. "SI!". Era il periodo in cui mi ero fatta delle splendide vacanze e a settembre sarei dovuta andare a sparare curriculum in tutte le aziende della zona. Paura timore… Lei mi salvò la vita!
Immagino che lavorare con lei ti abbia fatto fare un balzo in avanti a livello fotografico.
Il solo il sentirla spuntinare foto mi faceva crescere dentro.
Il periodo da lei è stato meraviglioso e spero di esserle stata davvero d'aiuto! E' molto disponibile a mettere a disposizione tutto quello che sa ed è molto paziente. Posso dire che il balzo in avanti l'ho fatto sicuramente, anche perchè lavorare tutti i giorni con una fotografa ti porta a pensare solo alla fotografia. Credo sia normale. Io dentro mi son detta... anche io devo fare questo lavoro!
In effetti nelle tue foto si nota la sua influenza, come temi, colori, anche un pò nelle inquadrature.
Pensa te! Quando si vuole fare l'originale non ci si riesce mai!
Probabilissimo che salti all'occhio questa cosa.. Infondo mi ha cresciuto lei. E' anche questione di sensibilità. E credo che questa sensibilità un pò simile, ci ha permesso di trovare la giusta sintonia.
Ti va di parlarmi un pò del tuo libro Mosaic? come è nato?
Mannaggia. Sono contenta che me lo chiedi! Lo tengo sotto il cuscino quando dormo.
Mosaic è nato da una minaccia di Sara:"Tu lavori qui, ma sai che nei mesi in cui resterai dovrai portare avanti un tuo progetto personale!" Ma tò questa! E cosa faccio io?
Una mia grandissima passione è sempre stata la musica. Ai bei tempi (quando non lavoravo così intensamente, quando non mi dicevo "Fede, devi dormire almeno 7 ore altrimenti domani non ci sarai col cervello!"), passavo le giornate in internet a cercare musica nuova per vantarmene con gli amici e dire :guardaunpòqqui che gruppo figo che trovato! Ed è VERO! Trovai il gruppo più figo che rispecchiasse intimamente quella che ero e che sono! Faccio un pò di pubblicità ai Woven Hand per chi non li conoscesse…
Che genere fanno?
Bella domanda… in internet si passano dal gothic, religious, country, folk,rock,ambient, spiritual... Ti dico queste sfumature ci sono ma è difficile classificarli.
Mosaic è il titolo di un loro album. I testi sono tutti riferimenti a temi e storie bibliche e a me la cosa affascina assai! Personalmente io sono credente e questo poteva essere anche un modo per fermarsi un attimo a riflettere. Il progetto quindi partì con l' approvazione e i consigli di Sara! Quindi cominciai ad interpretare i testi per trasferirli in immagine
Qual è stata la difficoltà maggiore che hai trovato nel trasformare le canzoni in immagini?
Il metodo come vedi è semplice.. Le linee di base erano già impostate.
Le difficoltà sono state nel creare proprio qualcosa di personale evitando di prendere alla lettera ogni parola. La prima canzone ad esempio, Breathing bull. Come caspita posso ricreare il fiato di un toro? Acchecosacaspiterina si riferisce esattamente? Ricreai così il fiato in una forma più palpabile. E' stata dura. Il mio cervello non è mai stato abituato a pensare così tanto!
Il bello di questo progetto è che mi ha portato ad interagire con le persone: i volti sono tutti di amici e conoscenti ma abbiamo ricreato insieme un'atmosfera diversa che è quella del servizio fotografico. E una cosa molto strana: forse sotto l'influenza di Sara, ho sentito il bisogno di inserire sempre una persona nell'immagine. Quindi mi sono sempre ritrovata a fare un ritratto.
Per te è difficile interagire con un modello in fase di servizio fotografico?
Ho più paura ad essere sincera con me stessa che interagire col modello! Io sono abbastanza timida nei primi incontri… poi pian pianino, pian pianino, pian pianino mi sciolgo come burro al sole. Poche volte mi è capitato di esser un tantinello imbarazzata. Più che altro... non mi è mai capitato di organizzare qualcosa di grosso per qualcuno di grosso. Quando succederà piangerò tutta la settimana!
Cosa pensi della postproduzione? Vedo che in alcune foto la usi tanto.
Può essere un processo naturale per lo sviluppo completo della fotografia! Il fatto che io post-produca può essere una scusa della mia giovine età. Coff coff. Sai com'è, sono giovine, circondata da un mondo in continua evoluzione, non ho l'occhio di Avedon, non si ha il tempo per uno scatto da perderci un'ora come Ansel Adams… La post produzione credo mi aiuti ora e sempre per rendere meglio quello che ho in testa se non posso arrivarci materialmente.. Ma spero col tempo di affinare anche la fotografia analogica e di pensare 200 volte prima di fare uno scatto, tenendo conto di tutte le possibilità. E' un mondo così bello e vasto.. Questo è un periodo. Aspettiamo di vedere il prossimo.
Mi dici una cosa che trovi facile in fotografia e una che trovi difficile?
Difficile è risponderti a questa domanda!
Difficile è portare l'immagine finale esattamente o similmente uguale a quello che hai in testa. Forse è difficile assemblare tutte le cose assieme e trovarne la giusta armonia: luci, soggetto, ambiente, materiale, colori, espressioni, focale… ed è la capacità del bravo fotografo. Anche perchè deve sapere davvero far tutto!
La cosa più facile è dire si facciamo la foto :D
Oppure: la cosa più semplice è che la fotografia non deve profumare e se avvicini l'orecchio non senti nè suono nè rumore. Altrimenti sarei in panne nel trovarmi a gestire anche queste cose.
Mi dici i tuoi tre fotografi preferiti?
Arno Rafael Minkinnen, Ansel Adams, Sara LanCOFF COFF e... ora penso al terzo…
Ne vanno bene anche due! La tua città preferita?
Uh... città preferita non so... mi affascina molto il nord. Svezia, Norvegia, Polonia. L'Islanda mi piacerebbe un mondo vedere. Ma son tutti posti che non ho mai visto. Sono generalmente una montanara e se manca la montagna intorno ci resto secca. E duqnue mi auguro di poterli vedere questi posti un giorno, di annusarne l'aria e sentirne la brezza.
Un buon proposito per il futuro.
Non ho grosse aspettative per il futuro ma mi auguro una vita serena, anche a chi mi sta vicino.
Federica non ha un sito internet, ma potete trovare le sue foto nel suo account Flickr.
Tutte le immagini riprodotte in questa intervista sono © Federica Giacomazzi.
mercoledì 2 giugno 2010
Intervista #04 - Livia Patta
La prima domanda anche se classica è doverosa: come sei arrivata alla fotografia?
Mio padre era un fotoamatore, aveva una buona raccolta di macchine e il desiderio di pasticciare anch'io con quelle cose "da grandi" era enorme… poi al liceo avevamo la camera oscura e uno studio di posa. potevamo scegliere di fare fotografia invece di religione.. non che amassi particolarmente religione, in ogni caso. Ma la scelta era, come dire, obbligata.
Ed è anche a queste due cose che si deve il tuo amore per la pellicola?
Direi di sì. ma è anche una questione anagrafica. Quando ho cominciato a fotografare non c'era proprio altro :) inoltre ho ereditato da mio padre delle macchine molto belle, una canon f1 e una nikon f601 con un sacco di obiettivi (quelli nikon in particolare, davvero belli e luminosi); sì, direi che era la cosa più semplice.
E adesso sei fotografa a tempo pieno?
Mmm, no, non ancora! ho cominciato a ritenermi una fotografa da poco in realtà. nonostante siano quasi 15 anni che ci traffico(nb. ho 29 anni, non so se ce l'eravamo detto :)). Devo dire che fare foto era una cosa abbastanza privata, mi piaceva concentrarmi su una cosa e metterci dentro un pezzettino della realtà di quel momento, mi serviva per ricordarmi chi ero, o meglio per cercare delle cose che mi appartenevano nel mondo esterno. Oddio, detto così sembro pazza :) però ecco, era come tenere un diario o disegnare… solo che scattare mi dava molta più soddisfazione.
Ho cominciato a farmi pagare per le foto da quando il mio capo ha fatto vedere il mio stream su flickr a un architetto che doveva fotografare i suoi lavori, due anni fa… le sono piaciute e da lì ho cominciato a crederci un po' anch'io.
Wow, bello come inizio!
Si davvero! E’ stato molto incoraggiante avere qualcuno che ha creduto in me.. io per prima non ci credevo affatto!
La macchina allora me la prestò il mio compagno, una 20d con cui ho fatto pasticci colossali (il digitale cominicia a essermi meno oscuro adesso, devo ammetterlo :)), e nonostante abbia scattato almeno un migliaio di foto gli scatti più riusciti li ho fatti in pellicola, in medio formato, con una pentacon six che mi ero comprata per il mio diletto personale poco prima :)
E come hai vissuto il passaggio, non tanto dalla pellicola al digitale, quanto dalla fotografia "per te" (sulla quale torniamo tra poco) a quella diciamo su commissione?
Direi che si scatta sempre per sé.. solo che c'ho messo due anni a capirlo :) nel senso che le foto migliori di ogni lavoro sono quelle con cui mi sono divertita, questo è ovvio. Poi certamente ho imparato a essere più attenta ad alcune cose tecniche che trascuravo allegramente.. e ho cercato di limitare alcune mie passioni nefaste per i lavori su commissione. Peccato che le foto che faccio continuino ad essere inevitabilmente (almeno un po') sottoesposte, saturate e contrastate... :) ma sto cercando di controllarmi!!
Guardando alcune tue foto a tema architettura/arredamento, si nota che mantieni uno stile personale, e soprattutto che non dai molto peso alle regole formali. Ad esempio in questa: un fotografo professionista non avrebbe mai fotografato con quella luce; però dà alla foto un'atmosfera molto forte.
Eh sì! infatti tecnicamente è un disastro.. controluce dappertutto, contrasto troppo spinto, persino l'overlapping ai bordi.. però in qualche modo "funziona". Credo che un po' di questa sbadataggine me la porterò dietro sempre in qualche modo, anche se sto cercando di emanciparmi dall'intimismo e fare foto un po' più corrette.. almeno quando qualcuno me le paga.
Parlando di intimismo: girando nel tuo photostream mi sono reso conto che hai una "visione" molto intima anche se molto varia. Mi spiego: fotografi di tutto, ma il mood è sempre molto intimo. E’ come se nelle tue foto ci fosse sempre una patina di intimismo, come se fossero sempre rivolte all'interno.
Azz! sgamata!
Le prime cose che ho fatto che considero significative sono dei collage fatti proprio con le stampe, la carta, altro che Photoshop :) nel lontano '98. Questo per esempio, o questo. Se li vedo adesso mi fanno tenerezza nel loro essere adolescenziali e didascalici. Il bisogno enorme di comunicare.. non sono mai stata una particolarmente brava ad esprimere sé stessa in modo soddisfacente. In effetti il '98 è stato un annus horribilis per me, avevo perso repentinamente mio padre (un tumore) e avevo un grande bisogno di canalizzare quel malessere in una forma esteticamente accettabile. La fotografia direi che era l'unico modo che avevo. E poi da quegli anni ho fatto una marea di autoritratti.. era il modo per capire com'ero vista da fuori, il rapporto col mondo esterno era abbastanza difficoltoso.
A vederli adesso ti sembra di esserci riuscita almeno un pò?
Ehm, no! Però mi sono divertita a farli... e poi per fortuna si cresce.
Gli ultimi li ho scattati due settimane fa, questi
ed è buffo, perchè sembra una cosa molto personale, quando invece non lo è. A suo modo è un collage di cose che ho letto, visto, sentito e che avevo voglia di sperimentare in fotografia. I titoli delle foto rimandano a canzoni dei Placebo, Depeche Mode, Casiotone for the Painfully Alone... il letto sfatto, volevo fare la Tracey Emin di Monteverde.
Il titolo del set e alcune citazioni vengono da Panda Sex e Candy, due romanzi semi-autobiografici di Mian Mian, una scrittrice cinese meravigliosa di cui ho la fortuna di essere amica. Insomma, il fatto che ci sia io e non una modella su quel letto è solo perchè non avevo tempo di costringere una delle mie amiche a prestarsi alle mie" visioni artistiche".
E’ interessante che tu scelga le parole e le visioni di altri per esprimerti, non solo in questo set: si vede anche in molte altre fotografie piene di citazioni soprattutto musicali.
Sì è vero. Boh? Quando devo mettere un titolo a una foto penso sempre "che canzone/film/ecc. mi fa venire in mente”? E’ bestiale. Forse dovrei emanciparmi anche da questo. Ma alla fine penso che anche questo faccia parte del processo di appropriazione dell'esistente... tutto quello che mi piace viene rimasticato e riproposto in forma fotografica.
Nelle tue foto si nota anche il legame familiare molto forte, ad esempio nelle vecchie foto dei tuoi genitori.
Ti stavo per rispondere che è per la storia della mia famiglia, il lutto di cui ti parlavo, che fa sì che desideri ricostruire la nostra storia, ma in realtà mi piacciono proprio le storie di famiglia… anche delle famiglie altrui. Se tutti avessero un set con le foto della propria famiglia e le storie sarei felicissima :)
Tutto questo è lampante nel set seven days.
L'idea per quel set mi è venuta rivedendo le foto su Flickr di Cristina Nunez, una fotografa amica dei miei nonni (ma giovane!). Aveva fatto un ritratto bellissimo a mio nonno, Teo Ducci, un reduce di Auschwitz.
Nel suo stream ci sono questi suoi autoritratti molto forti.. lei adesso tiene dei corsi in cui insegna l'autoritratto come una forma di terapia. E’ davvero brava, mi piace come le sue foto siano dirette, oneste, sincere. Tecnicamente sono spettacolari, ma vabbè, il mio set non aveva nemmeno la pretesa di essere esteticamente piacevole. Però voleva essere sincero e condividere delle storie che mi appartenevano per il beneficio pubblico. Non per egocentrismo, al contrario, penso che fosse una sorta di minimo esistenziale condivisibile più o meno da chiunque.
In quali altri modi ti ha ispirato la sua conoscenza?
Mah, sai, più che altro era un'amica della nonna, non ci siamo viste tanto… però era l'unica artista che conoscevo, seppure indirettamente. Ecco, mi ricordo che lei diceva che con la Rolleiflex scattava dal basso, dai fianchi… si vede in un suo ritratto con la stella di David. Mi piaceva l'idea di questa fotografia non troppo razionale; e poi il medio formato, e l'uso del colore... le sue foto degli anni 90 (ma anche più avanti) hanno dei colori molto belli, vivi, saturi.
Anche la tua mi sembra poco razionale, ad esempio nel modo in cui giochi con la tua immagine, tipo qua o qua.
Uh, lì avevo 16 anni! E nell'altra 20. Quelle con la parrucca… mi ricordo l'idea che c'era dietro. Non tanto ben realizzata peraltro, ma con la pellicola era un casino prevedere come sarebbe venuto :) infatti la messa a fuoco è davvero approssimativa.
In definitiva quanto credi ci sia di razionale nella tua fotografia?
Non saprei.. non molto direi. Non so bene quale potrebbe essere un fotografo che si definisca razionale. Sinceramente non sono nemmeno troppo ferrata nella tecnica. o meglio… a un certo punto ho proprio cominciato a fare errori intenzionalmente (sfocature, sottoesposizioni) proprio per vedere fino a che punto poter sfruttare questo margine di imprevedibilità in foto. E poi devo dire che mi affascina molto di più rappresentare l'aspetto emotivo, irrazionale delle cose...
E’ anche per questo che usi molto photoshop? Penso in particolare alla foto con la parrucca.
E’ da più di un anno che sono passata a lightroom limitando i ritocchi a curve, esposizione (se necessaria) e colore (saturazione selettiva, ecc.), purtroppo con photoshop non ho mai imparato bene.. non so nemmeno usare i livelli! Quell’editing è di 4 anni fa ormai, adesso non lo farei mai più così. Volevo fare una cosa alla Warhol...poi quella che vedi è una foto ancora più antica, è stata scattata in pellicola nel 2000 o 2001..
In generale noto che giochi molto con la tua immagine.
Alcuni scatti non li ho pubblicati su flickr, ma ho cominciato a fare un mucchio di autoritratti fin dal '98… erano il mio diario per capire che cosa stavo passando, insomma una sorta di autoanalisi. Ecco, una volta era solo questo per me, esprimermi (parliamo di un'adolescente con la macchina in mano. Adesso ho quasi 30 anni e la spinta all'espressione di sè è meno fondamentale, meno urgente. Comunque mi piacerebbe essere in grado di raccontare qualcosa attraverso le foto…
Cosa vorresti raccontare?
Non so come dirti, ma non sono una che comunica molto bene, sono una persona abbastanza scontrosa e scostante :) se c'è qualcosa di bello e prezioso mi piacerebbe poterlo produrre nelle foto.
Oddio è un po' orrenda come frase, sembra roba da pazza estetizzante! Però ad esempio non potrei mai fare le foto di guerra: la sofferenza mi terrorizza, la morte, il dolore... insomma non riesco nemmeno a vederle quelle foto. Il world press photo, lo conosci no? nel 2008 sono dovuta uscire perchè mi sentivo male. Erano oggettivamente foto bellissime, fortissime, ben fatte… ma non so, erano prive di filtro, ti colpivano come una mazzata Io non sono in grado di comunicare in quel modo.
Cosa cerchi con la fotografia? E qual è il tuo obiettivo, se ne hai uno.
Ti dico quello che sento sia il mio obiettivo, poi vedi tu se ha senso pubblicarlo.
Voglio ricordare tutto, creare un libro delle memorie in cui niente è gettato via. La realtà in cui si vive spesso ha un solo colore e una sola dimensione, invece nel ricordo si sovrappone tutto e i colori sono diversi. voglio guardare meglio la realtà e l'unico sguardo con cui riesco a farlo è quello della macchina fotografica. Mi sembra di vivere più a lungo le cose se passano nella macchina, e di viverle più in profondità. Poi la memoria... dopo che è morto mio padre ho cominciato a avere questa idea di conservare la memoria… perchè molte cose vivono solo nel ricordo. Se avessi perso i ricordi di mio padre lo avrei perso completamente… invece perpetuando il ricordo potevo continuare a farlo esistere nella mia vita di tutti i i giorni. Poi questo modo di sentire è passato più o meno a tutto il resto, per esempio ho un set che si chiama memory book, sono pezzi della vita che ho vissuto, che colleziono con attenzione. Momenti di grazia più che altro
Tre fotografi preferiti.
Gabriele Basilico, Man Ray per le solarizzazioni e gli sperimentalismi da camera oscura… e poi c'è un fotografo incredibile che ho visto a francoforte di recente, Peter Bialobrzeski. Ma vabbè i miei fotografi preferiti cambiano ogni 6 mesi quindi non fa testo :)
Una città.
New York.
Un libro e un film
Un libro, direi New York Stories di Paul Auster, mi piace il suo tecnicismo perfetto nel modo di scrivere (lo invidio, io sono così poco accurata sulla tecnica!!). Un film, Apocalypse Now, c'è tutto dentro quel film. E’ bellissimo
Un buon proposito per il futuro.
Tanti!! Migliorarmi, crescere, dedicarmi solo alla fotografia. E poi di nuovo migliorarmi e crescere :)
Livia Patta non ha un sito internet, ma potete vedere molte sue foto nel suo account Flickr
Tutte le immagini riprodotte in questa intervista sono © Livia Patta.
martedì 25 maggio 2010
Intervista #03 - Valeria Cherchi
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